autodidattica

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Voglio mettermi a nudo, vedere le mie carni cadenti, la mia debolezza e instabilità nel camminare. Preferisco sognare i miei momenti di fanciullezza e gioventù virile. Felice di essermi realizzato da solo senza aiuto da nessuno. Ho vissuto in un mondo “personale”, dove la fantasia mi ha guidato come un mentore implacabile ed io a seguire quel mondo solo mio.

Sono nato in un paese da forestiero solo con la mia mente e il mio tumulto di pensieri. Mio padre era di Nuoro, mia madre toscana (Santa Croce sull’Arno); nessun parente nessuna amicizia se non quella necessaria per il lavoro che mio padre (ottimo lattoniere capace di costruire un qualsiasi manufatto con la lamiera). I miei genitori (tipi solitari), hanno sempre fatto una vita da isolati, godendo di poca credibilità. Isolati, senza aver mai preso parte ad una qualsiasi cerimonia o sagra paesana; in questo “palcoscenico” ho vissuto da bambino, includendo gli anni avvenire.

Mi rendevo conto che, (in paese composto da 5.000 abitanti circa) c’erano due classi:
5 – 6 possidenti terrieri, ognuno con i suoi “servitori”, addetti alle coltivazioni (vigne - frutteti – allevamenti, etc.). I “servitori”, la maggior parte analfabeti costretti a lavorare dal sorgere del sole al tramonto, rispettosi come lo si doveva allora ai “padroni”; diventati (questi ultimi) ricchi aumentando sempre di più il loro territorio, acquisendo anche la maggior parte dei terreni di proprietà di qualche fortunato (ma povero e analfabeta); facile da imbrogliare facendogli firmare qualsiasi tipo di documento (per gli analfabeti bastava un segno croce). In questo modo i “baroni della situazione” regolarmente istruiti, in possesso di un Diploma o Laurea, qualcuno Avvocato o addirittura Notaio … si sono trovati padroni dell’80-90% del territorio di Siniscola.
Ai poveri non restava che obbedire – lavorare e… venerare i propri “padroni”. Il massimo che uno “schiavizzato” poteva aspirare per i propri figli, era una licenza elementare; la licenza media era un traguardo ambito, un Diploma valeva più di una Laurea dei tempi nostri. Di poveri con figli diplomati in paese ce n’erano un paio ed era il massimo che qualche famiglia poteva ottenere con grossissimi sacrifici. Il resto erano contadini o pastori al servizio del proprio “padrone”.

Riusciva a condurre una vita dignitosa (anche se non al massimo) chi svolgeva un “mestiere” in proprio: calzolaio – impagliatore di sedie – maestri capaci di costruire un carro per buoi – falegname che riusciva a costruire qualche mobile – cacciatore – stagnino – innestatore – maniscalco – fabbro – etc., etc.
Dal momento che non esistevano (a Siniscola) ancora le bombole del Gas; il mangiare si faceva nel camino, presente in ogni casa. Per il combustibile, c’era qualcuno che per poter campare la famiglia ogni giorno andava nei boschi a tagliare legna che portava (a fasci) in paese per venderla. Con il ricavato doveva riuscire a far quadrare il bilancio, Tutto era buono per riuscire a racimolare qualche spicciolo. IN ALTRI CASI: un mazzetto di asparagi selvaggi – un cesto di funghi – o selvaggina (a quei tempi abbondante) che qualche cacciatore bravo riusciva a cacciare.

A quei tempi (anni cinquanta) una pernice costava sulle 150 (centocinquanta) Lire – un fascio di legna da ardere per il camino 300 – 500 Lire. La miseria portava le persone ad arrangiarsi e approfittare della Natura che a quei tempi era generosa. A Santa Lucia c’era un villaggio di pescatori ponzesi, i quali di notte andavano a pescare e di giorno facevano 7 Km per venire in paese a piedi (con una cesta del pescato in testa) o in bicicletta con la cesta sul porto bagaglio per riuscire a venderli e racimolare qualcosa per mandare avanti la propria famiglia. Quanto appena descritto era la vita che si svolgeva a Siniscola. Il progresso era congelato e nessuno dei “poveri” aveva la fantasia per pensare ad un domani migliore.
Personalmente dopo le elementari continuai a condurre la vita di un ragazzo da poco più che undicenne. Gioco e rientro a casa per mangiare e appena si faceva buio andare a letto, dal momento che non essendoci de radio o TV, erano assenti i passatempi. Di solito in estate ci si riuniva in strada ognuno con la propria sedia, qualcuno seduto sull’uscio di casa a raccontare improbabili fatti avvenuti a chi o chissà dove. La vita scorreva monotona priva di fantasia alcuna.

DUE FAZIONI:
i padroni con le loro comodità; serviti e riveriti dai loro “servi” (90% della popolazione). Bianco o nero.

È stata questa distinzione che mi ha temprato e ha formato il mio futuro (più in avanti vi spiegherò tutto il mio percorso e i miei successi). Nella mia mente ha germogliato fin da piccolo il pensiero che da grande avrei dovuto sconfessare questi usurpatori che tenevano imprigionati nella loro povertà la maggior parte dei paesani, senza scampo senza possibilità alcuna. Personalmente ho sempre rispettato i “poveri” e guardato con sospetto i “ricchi”. Da grande (a partire da 18anni), potevo ormai svolgere una professione da specializzato nel campo Elettrotecnico, in un paese che si stava svegliando. Il paese fu elettrificato con la conseguente necessità di qualche impianto elettrico nelle nuove case in costruzione – La riparazione di qualche motore elettrico presente nelle falegnamerie piuttosto che negozi che usavano il “macinino elettrico” per grattugiare il formaggio e macinare il caffè. In quei periodi (1958-1959) mi trovavo solo con le competenze adatte, ciò mi permetteva di lavorare per mio conto senza essere comandato dal “padrone”.

LA METAMORFOSI:
A 14anni (nel 1954) conobbi per caso cosa c’era oltre la siepe. Cioè, fuori dal mio paese congelato all’età della pietra. Oltre la siepe scoprii Milano, in occasione di un viaggio dei miei genitori; mia madre doveva ritrovare la sorella che non vedeva da trent’anni. Milano mi si presentò come un Pianeta a parte che mai avrei potuto immaginare, seppur con la più perfida fantasia. Oltre lo scenario che mi si presentava, (ciminiere – tram – vetrine illuminate – strade pavimentare e un via vai di auto) …. mia zia aveva una piccolo fabbrica di pantofole vulcanizzate composta da una serie di macchinette per la vulcanizzazione oltre una trancia che serviva per tranciare le tomaie qualche altra macchina per le rifiniture. Una mia cugina aveva un negozio di scarpe nel centro di Milano.

In quel corso c’era una linea di Tram (al centro strada) con due te linee. Ai lati due carreggiate per il traffico di veicoli: Auto – camion – filobus – etc., etc. A distanza di alcune decine di metri si intravedevano un paio di ciminiere di altrettanti stabilimenti, tra i quali, vicino c’era lo stabilimento dei fratelli Branca. Diverse volte al giorno si sentivano le sirene delle varie fabbriche le quali scandivano i vari turni.

Tutto ciò aveva scatenato in me un’eccitazione particolare, quasi mi trovassi in un sogno dal quale non avrei voluto svegliarmi. Quanto appena accennato ha creato in me una metamorfosi che è durata per tutta la mia vita; una curiosità e voglia di conoscere. Anche se 14nne, avevo desunto che esisteva un’energia che animava tutto: “luci – Tram – macchinari vari”. Avevo subito capito che si trattava di un’energia “invisibile”.

Lo capii ancora più chiaro un giorno che l’elettricista montatore dell’impianto elettrico nella casa in costruzione di mia zia, mi diede due fili in mano e mi disse di tenerli in ben tesi, subito ricevetti una scossa che mi provocò uno spavento, senza (per fortuna) nessun danno, scoprii (molto tempo dopo) che si trattava di una corrente a bassa intensità prodotta da una batteria, collegata ad un Inverter. Rimasi da mia zia per un paio di anni, lavorai nella fabbrica e tanti mi appassionai che ben presto conquistai la sua simpatia (meno quella dei miei cugini) che si sentivano (spesso) in secondo piano,

non considerando che ero un ragazzo da poco più di 14-anni e per di più sottosviluppato. Tanto era l’entusiasmo di mia zia che aveva deciso che mi avrebbe fatto frequentare una scuola per modellisti (di calzature). Mia zia si ammalò di Cancro e dopo la sua morte, miei cugini mi rispedirono in Sardegna. A 16-anni (1956) mi scrissi ad un corso per corrispondenza di Elettrotecnica.
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